
Una delle più piccole specie di blatte presenti in allevamento provieniente dall’omonima regione Africana. I maschi raggiungono circa 8mm di lunghezza e le femmine circa 1cm, superando di poco questa misura in base allo stadio di ingrandimento dell’addome a causa della gravidanza. Le neanidi appena nate saranno lunghe circa 2mm, relativamente grandi se rapportate alle femmine adulte alle dimensioni della femmina, e non sono in grado di scalare le pareti lisce (con l’unica eccezione dei maschi adulti). Una volta compiuta l’ultima muta questi ultimi svilupperanno delle piccole ali vestigiali, assolutamente non adatte al volo, e delle strutture adesive sulle zampe che consentono loro di arrampicarsi su plastica, vetro e altre superfici lisce. Esattamente come molte altre specie di blatte fossorie, anche loro preferiscono interrarsi piuttosto che tentare la fuga verso l’alto, opzione contemplata solamente in caso di colonie estremamente popolose.
Allestimento del box
Il box dovrà essere sviluppato orizzontalmente, in quanto gli esemplari tenderanno a rimanere infossati per la maggior parte del tempo nei primi 4/5cm di substrato, lasciando completamente spoglia la parte “aerea” del contenitore. Sul coperchio sarà necessario ritagliare una grossa finestra di rete per assicurare una buona areazione in tutto il box ed evitare la proliferazione di muffe e altri funghi nocivi.
Per la preparazione del contenitore inserite circa 5/6 cm (non abbondate, vi spiego dopo il perché) di fibra di cocco/torba di sfagno, che fungeranno da substrato, ai quali bisognerà aggiungere, sia mescolati che superficialmente, una buona quantità di foglie secche di quercia. Serviranno, come spiegato nella scheda delle Pycnoscelus, sia a mantenere l’umidità del terreno costante sia all’alimentazione degli esemplari stessi. Sarà pertanto necessario aggiungerle ogni qual volta noteremo una loro diminuzione.
Molto utile l’aggiunta di cortecce o legni sulla superficie del terreno. Questi verranno utilizzati dalle blatte come ulteriore riparo e semplificheranno di molto l’utilizzo di questa specie come insetto da pasto (si rimanda ai paragrafi sottostanti per la spiegazione).
Umidità
Paraplecta predilige un substrato costantemente umido, attenzione a non renderlo zuppo per non portare a morte gli esemplari e favore la proliferazione di muffe. Altrettanto pericoloso è il disseccamento in quanto le neanidi potrebbero morire sia durante il processo di muta, a causa del disseccamento del liquido utile allo scivolamento del vecchio esoscheletro, che per disidratazione sul lungo termine. Per capire quanto umidificare consiglio di leggere la sezione “Umidità” nella scheda di Pycnoscelus surinamensis.
Temperature
La specie potrà essere tenuta a temperatura ambiente tutto l’anno, fra i 18 e i 30 gradi con cambiamento graduale estate-inverno. In questa situazione la maggior parte dell’attività sarà concentrata nei periodi caldi, dove avverranno le riproduzioni, la crescita dei nuovi nati e la maturazione degli esemplari più grandi.
Essendo molto prolifica può essere usata come blatta da pasto, in questi casi potrebbe risultare utile scaldare la colonia a temperature di >25 gradi in modo da velocizzarne lo sviluppo e rendere meno impattante il continuo prelievo degli esemplari.
Vista la natura fossoria della specie, per la somministrazione degli esemplari ai rispettivi predatori il mio consiglio è di sfruttare i due parametri detti poche righe fa: la presenza di cortecce e l’incapacità di scalare le pareti lisce. La maggior parte degli individui andrà infatti a localizzarsi al di sotto degli arredi posti sul substrato, aderendovi con gli artigli presenti sulle zampe; questo ci permetterà di sollevare l’arredo, sgrullarlo in un contenitore di plastica liscia e avere a disposizione esemplari di varie taglie. Questi potranno essere a loro volta somministrati “per caduta”, facendoli semplicemente scivolare nella teca del predatore, o con le pinzette, selezionandoli uno ad uno. (con un po’ di pratica il processo risulta molto rapido)
Alimentazione

La loro dieta non varia da quella di molte altre specie e vale la regola del mix di cibo secco e umido. Come secco potremmo fornire crocchette del cane o del gatto, pond sticks, cibo per pesci, pane secco etc. mentre come cibo umido basterà fornire frutta e verdura (notoriamente meno apprezzata), oltre alle foglie secche presenti nel box. Bisogna solo prestare attenzione agli eccessi di cibo che, vista l’elevata umidità richiesta dalla specie, potrebbe far proliferare acari, muffe o altri patogeni.
Considerazioni personali
La specie non è fra le più prolifiche, non reggendo il confronto con Oxyhaloa deusta, Panchlora nivea, Phoetalia pallida, Pycnoscelus surinamensis o altre comunemente utilizzate, ma nonostante ciò rientra nel podio personale delle migliori blatte da pasto.
Do quest’informazione a seguito di una serie di valutazioni che spiego qui sotto:
- È una delle blatte in assoluto più piccole presenti in allevamento, quindi può essere usata per tutti quei predatori di minuscole dimensioni. Personalmente l’ho usata con sling fh1 di Cyriocosmus elegans, Kochiana brunnipes, sling i2 di Euscorpius concinnus, Euscorpius borovaglavaensis, Euscorpius garganicus, Chaerilus stockmannorum e variegatus, Phrynus decoratus, Scytodes sp. e altri ancora
- Nonostante sia fossoria, potendo quindi scappare dal predatore, non risulta minimamente aggressiva o fastidiosa, non rappresentando una fonte di stress per animali in premuta, in muta o inappetenti (anzi ogni tanto uscirà dal substrato in cerca di cibo, divenendo una facile preda per l’esemplare in questione). Quindi pure se ne cadono più di una e non vengono immediatamente consumate possono essere tranquillamente lasciate nel box senza troppe preoccupazioni
- Le neanidi appena nate sono estremamente resistenti e raggiungono rapidamente la taglia riproduttiva, anche a temperature di appena 20 o 21 gradi
- L’incapacità di scalare il liscio, la loro tendenza a non cercare di scappare verso l’alto e la resistenza agli ambienti iperpopolati compensano ampliamente la bassa riproduttività del singolo esemplare. Le colonie possono arrivare a contare anche migliaia e migliaia di esemplari senza che l’allevatore riscontri problemi di cannibalismo, mute mal riuscite o calo della riproduttività, questo addizionato alla loro semplice gestione le rende ideali per molti piccoli predatori
Un altro consiglio che mi sento di dare (ho quasi finito) è quello di aggiungere nel box degli “spazzini”; sto parlando di Trichorhina tomentosa, un piccolo isopode partenogenetico che si nutre dei residui di cibo lasciati dalle blatte, dei morti che non vengono consumati per tempo e di eventuali altri composti organici presenti nel suolo. Soprattutto all’inizio, quando la colonia conta ancora pochi esemplari, si riveleranno importantissime pe ridurre le infestazioni di acari e la proliferazione di muffe.
Questo è l’ultimo paragrafo che dedico a queste piccole blatte…
Vi ricordate quando ho detto che conviene non abbondare con i cm di substrato? Ecco la spiegazione: ricordatevi che un substrato non è per sempre, va cambiato!
Col passare del tempo nella fibra di cocco andranno ad accumularsi, in maniera stratificata, detriti organici prodotti dalle migliaia di esemplari che vi abitano. Solitamente le porzioni più basse corrispondono a quelle più umide, compatte e conseguentemente meno abitate, questi parametri possono essere sfruttati a nostro vantaggio per il cambio del substrato. Circa una volta l’anno procedo con la rimozione dei primi cm di fibra di cocco, pieni di paraplecta, e alla loro sistemazione in un box provvisorio che possa contenerli fino al completamento della pulizia. Una volta rimossa la quasi totalità degli esemplari finisco di eliminare i centimetri di feci compattate rimaste sul fondo e alla pulizia del box. Una volta pulito tutto reinserisco le blatte svuotando direttamente il contenuto dal box provvisorio in quello definitivo, aggiungo foglie secche e una piccola parte di fibra di cocco e il gioco è fatto.
Nel substrato compatto rimosso rimarranno inevitabilmente in piccolo numero di esemplari, a discrezione vostra potrete cercare di recuperarne il più possibile tramite il posizionamento di cortecce (procedimento identico a quello spiegato prima per l’alimentazione), trappole a caduta, rimozione manuale oppure mettere tutto in congelatore e usare il composto ottenuto come concime per piante.
Mi raccomando, non gettate MAI la terra con gli esemplari vivi all’esterno, rischiate di introdurre una specie alloctona in un nuovo habitat, causando danni ecologici non indifferenti!
Spero davvero di aver detto tutto il necessario per allevare al meglio la specie, se avete domande o dubbi scrivetecelo qui sotto nella sezione commenti, le schede sono in continuo aggiornamento!
Buon allevamento a tutti!
Grazie, ottima scheda